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19/10/2022
Terzo a chi? Il “Terzo” settore spiegato bene
Riflessioni per capire meglio di cosa parliamo quando parliamo di Terzo settore.

Lo chiamano Terzo ma in realtà la storia italiana racconta altro. La nominazione Terzo settore è stata infatti ufficializzata dalla Riforma del 2017 che, denominando gli ETS (Enti del Terzo Settore), ha ricalcato il modello sociale anglosassone in cui l’impegno civile organizzato, privato e libero, viene dopo lo Stato e il Mercato, i primi due pilastri della società. 

Se vogliamo essere fedeli alla nostra storia, invece, viene fuori che gli ETS di oggi discendono dalle confraternite e dalle Misericordie nate nel XIII secolo in Toscana e Umbria, che allora costituivano l’ossatura della società e non una appendice secondaria.

Ricordarlo è importante perché aiuta ad avere un quadro più completo sul ruolo che le organizzazioni che oggi inseriamo nel perimetro del Terzo settore ricoprono. 

A questo scopo, riportiamo alcune utili riflessioni tratte dl libro di Claudia Fiaschi “Terzo. Le energie delle rivoluzioni civili”, uscito di recente con il Corriere della Sera. 

È quello che cresce di più 

Il Terzo settore italiano è oggi la più ampia e diffusa esperienza di mobilitazione civica su attività di interesse generale per tutti i cittadini. Un impegno organizzato finalizzato al perseguimento del benessere comune. 
Niente è cresciuto così tanto nel nostro Paese negli ultimi dieci anni. Pensiamo al numero di volontari, organizzazioni, addetti a vario titolo, valore economico e impatto sociale. 

Sono infatti quasi 7 milioni i cittadini (850mla sono lavoratori e 5,5 milioni volontari ai quali si aggiungono i giovani del servizio civile) che si impegnano per il bene comune. Il valore economico delle attività ha raggiunto i 72 miliardi di euro e quello reddituale rappresenta all’incirca l’80% di questo valore complessivo. 

È sostenibile per natura 

Il Terzo settore è la componente più impegnata, insieme allo Stato, nel perseguimento dell'interesse generale. Ogni rete associativa è impegnata in almeno 9 dei 17 obiettivi di sostenibilità fissati dell'Agenda ONU (fonte: Il TS e gli obiettivi di sviluppo sostenibile del Forum nazionale del Ts).

Di seguito alcuni ambiti in cui il Terzo settore risulta insostituibile. 

  • Partenariato 
  • Accesso alle cure e all'assistenza 
  • Educazione
  • Accoglienza 
  • Politiche attive del lavoro (cooperative sociali).
  • Cultura 
  • Sport

Il più preparato

La solidarietà non si improvvisa: è cultura e organizzazione. È anche riconosciuta dalla Costituzione Italiana che all’articolo 118 recita «Stato, Regioni, Città metropolitane, province e comuni favoriscono l’autonoma iniziativa di cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla base del principio di sussidiarietà». 

Proprio la sussidiarietà è una parola chiave che affonda le sue radici nel nostro passato rimandando alle esperienze risalenti fin all’anno 1000. Un tesoro che caratterizza l’identità del nostro Paese, anche in epoche storiche di forti individualismi e di assenza di strutture e soggetti pubblici.  

È insostituibile 

Né lo Stato, né il Mercato potrebbero andare avanti senza l’impegno del Terzo settore. È una illusione pensare che sia la pubblica amministrazione sia l’iniziativa economica privata possano rinunciare al contributo delle organizzazioni civiche perché sarebbero troppe le risorse umane ed economiche da reperire. 

Per capirlo basta comparare i numeri dei volontari e degli ETS con quelli della Pubblica Amministrazione. In Italia i lavoratori dipendenti della Pubblica Amministrazione sono 3.224.000, di cui 1.206.495 nel settore istruzione, circa 648.507 nella sanità e il resto distribuito tra funzioni centrali e locali per una spesa di 173,4 miliardi di ero solo nel 2020, stimata a 187 miliardi per il 2022. Se da un giorno all’altro venisse meno il sostegno e l’attività degli ETS, la spesa pubblica da mettere in conto sarebbe semplicemente insostenibile.