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Riportiamo, di seguito, l’articolo del Direttore di Federcasse, Sergio Gatti, pubblicato nella rubrica Bisbetica della rivista Credito Cooperativo di novembre- dicembre 2016.
Sergio Gatti
sgatti@federcasse.bcc.it
Se Berlino invita Bruxelles ad abbandonare la taglia unica
La notizia stava maturando da qualche mese. Se le Autorità tedesche sposano con determinazione
l’analisi e la proposta che da tempo le banche cooperative (soprattutto italiane) formulano ai legislatori
e ai regolatori, il traguardo probabilmente si avvicina. È necessario passare da un approccio di
proporzionalità “caso per caso” ad uno “strutturale”, da una taglia unica per tutti alla regolamentazione
basata su almeno due livelli. Già quattro anni fa avevamo introdotto il concetto di double rule book in contrapposizione al single rule book, illustrandolo in audizioni in Parlamento e anche su queste pagine.
Ora qualcosa di rilevante si muove. Seguivamo da qualche mese gli interventi di Andreas Dombret,
membro del Consiglio Direttivo della Bundesbank (in particolare gli interventi dell’8 giugno alla Banking
Industry Conference of Raiffeisen Banks a Berlino e del 7 settembre al Banking Symposium of the European Center for Financial Services a Duisburg). Al terzo intervento in poco più di sei mesi, la notizia c’è. “Il carico regolamentare delle riforme post-crisi è diventato davvero troppo pesante per le
banche che debbono necessariamente generare reddito. La riforma di Basilea 3 (quella che viene definita Basilea 3.5 o Basilea 4, ndr) renderà il carico normativo ancora più pesante. Questo è ancora più vero per le banche più piccole e con basso profilo di rischio”. Così Dombret il 3 gennaio scorso su The Banker. Cosa fare allora?
“Io credo che l’Unione Europea debba concentrarsi su cosa può essere fatto per migliorare la proporzionalità nella vigilanza e nella regolamentazione per le banche con profilo di rischio basso. E contemporaneamente dovremo far accogliere questa visione in modo sistematico al Comitato di Basilea”. “Vi sono due opzioni per migliorare la proporzionalità.
La prima è un approccio cosiddetto detail driven, ovvero caso per caso, che implica l’introduzione di speciali eccezioni o aggiustamenti a singole norme o regole”. E questa è la linea che ha scelto
ancora una volta la Commissione Europea lo scorso 23 novembre nel presentare l’importante pacchetto di proposte di modifica alle principali norme europee, preparando dunque il terreno e avviando il percorso di co-decisione in vista della CRD5, CRR2, BRRD2, SRM2. Ma questa impostazione potrebbe non bastare. Un approccio più radicale sarebbe quello di creare regole separate che potrebbero semplificare tutte o alcune regole per le banche più piccole che abbiano profili di rischio contenuti”. “La UE - prosegue Dombret- dovrebbe esaminare con molta attenzione le due opzioni, anche se io vedo con molto favore la creazione di cornici regolamentari separate per le banche più piccole e per le grandi banche multinazionali”.
Torniamo al 23 novembre. Nel pacchetto di proposte formulate dalla Commissione, alcune sono indirizzate a una più compiuta declinazione del principio di “proporzionalità” e alcuni emendamenti riducono e semplificano i requisiti di conformità e reporting per le banche di dimensioni più piccole e
meno rischiose.
Le modifiche proposte dalla Commissione contengono, fra l’altro:
• misure volte ad aumentare la resilienza delle istituzioni dell’UE e a rafforzare la stabilità finanziaria;
• misure volte a migliorare la capacità di prestito delle banche per sostenere l’economia dell’UE;
• misure volte a facilitare ulteriormente il ruolo delle banche nel conseguimento di mercati dei
capitali più spessi e liquidi.
Soffermiamoci sul secondo punto nel cui ambito la Commissione propone sostanzialmente queste
misure:
1. rafforzare la capacità delle banche di erogare prestiti alle PMI e di finanziare progetti infrastrutturali.
In particolare, lo SME supporting factor (nella misura del 23,4%) viene confermato, accogliendo una fortissima richiesta dell’industria bancaria italiana (Abi e Federcasse); la ponderazione preferenziale
viene inoltre estesa, seppure nella più bassa misura del 15%, alle esposizioni verso PMI che eccedono
il limite di 1,5 milioni di euro. Infine, viene introdotto un fattore di riduzione del 25% per le esposizioni
riconducibili al supporto di progetti infrastrutturali che assolvono determinati rigorosi criteri identificativi;
2. diluire, su un periodo di cinque anni, l’impatto sul Common Equity Tier 1 dei maggiori accantonamenti per rettifiche di valore derivanti dall’applicazione del nuovo modello di impairment introdotto dall’IFRS 9;
3. ridurre gli oneri amministrativi per le banche di piccole dimensioni connessi con alcuni requisiti in
materia di politiche di remunerazione palesemente sproporzionati (ad esempio, per quanto attiene il differimento delle componenti variabili della remunerazione e il relativo riconoscimento attraverso
strumenti patrimoniali, vengono introdotte soglie di esenzione in funzione del profilo dimensionale
dell’intermediario/delle fasce retributive).
Anche questa è stata una proposta specifica di Federcasse;
4. dare più compiuta declinazione al principio di proporzionalità nella CRD 4 e nel CRR, rendendo
meno onerosi e complessi taluni obblighi informativi, di segnalazione e legati ai portafogli di negoziazione che non sembrano giustificati da considerazioni di vigilanza prudenziale.
Qualcosa dunque si muove.
Ma siamo ancora nell’ambito di correttivi, certamente rilevanti. Non si è giunti ancora all’accoglimento della sfida radicale - che abbiamo ampiamente argomentato nel volume edito dall’Ecra “Sfide e opportunità della regolamentazione bancaria: diversità, proporzionalità e stabilità” curato dal prof. Rainer Masera - e che merita tutto il nostro impegno, ora che anche le Autorità tedesche sembrano aver colto la convenienza di un approccio differenziato a seconda dei destinatari.
Il 2017 è un anno decisivo per correggere alla radice l’approccio strategico della regolamentazione
bancaria in Europa. Intanto è necessario provare a valutare quanto sia stato scardinante l'impatto sul
modello cooperativo bancario europeo dopo tre anni di Unione Bancaria. L’evoluzione-involuzione
dell’esperienza olandese (Rabobank), le tensioni in Francia (dialettica con Autorità di vigilanza su questioni di governo societario e ruolo delle componenti associative per Crédit Agricole, Mutuel e
BPCE), i cambiamenti in Spagna dimostrano che l'impatto omologante sul modello di governance
cooperativo dell'impianto normativo dell'Unione Bancaria è incomparabilmente più forte rispetto all'impatto che genera sul modello di governance capitalistico.
In pratica, i grandi gruppi bancari capitalistici quotati in borsa non hanno subito un così corrosivo processo di scardinamento come quelli caratterizzati da una governance cooperativa. Che seppure
da modernizzare e professionalizzare non erano certo stati all’origine di problemi di stabilità. In tal senso, comincia ad emergere un qualche studio scientifico da parte di autorevoli università europee.
Ci aiuteranno a non perdere l’occasione che ci offre questo 2017.